La mutualità va di moda…

L’intervista di oggi al Messaggero di Carlo Cimbri, amministratore delegato del Gruppo Unipol, non lascia dubbi: la mutualità va sempre più di moda. Del Gruppo Unipol fa parte anche UniSalute, un colosso tra le assicurazioni sanitarie. E se anche tra di loro inizia ad emergere il concetto di mutualità non possiamo che esserne contenti. Concordo in pieno con le parole di Cimbri: “Se vogliamo evitare che accedano alle cure solo quelli che hanno disponibilità finanziaria, dobbiamo far ricorso al principio di mutualità. Quindi ha senso, ad esempio, che i fondi sanitari integrativi siano sempre più centrali nei rinnovi contrattuali”.

Però dice anche: “Per cambiare lo status quo e offrire servizi adeguati c’è bisogno di strutturare l’offerta, mettere insieme pubblico e privato, profit e no profit”. Beh, però il concetto di mutualità non si sposa benissimo con il mondo profit. O non sarà che il mondo profit, il mondo assicurativo, vuole con forza entrare e appropriarsi del concetto di mutualità?

Basta leggere la definizione che ne dà la Treccani: “nel linguaggio giuridico e sociologico, complesso di istituzioni a base associativa regolate dal principio dell’aiuto scambievole e delle prestazioni reciproche. Ciò che caratterizza il fenomeno della mutualità è la sua volontarietà e l’assenza del fine di lucro”. E mi piace sottolineare “assenza del fine di lucro”.

Oggi tutti parlano di mutualità, di sociale, spuntano fondi no profit anche da parte delle compagnie assicurative, come Assi, l’ultimo arrivato di Rbm Salute. Vorrei davvero sapere cosa c’è dietro, magari la buona fede, ma forse e è solamente un modo per accreditarsi a paladini del nuovo welfare, del diritto alla salute per tutti, per ottenere trattamenti fiscali diversi, per soffocare quello che è il vero mondo del no profit, della mutualità, della solidarietà e dell’aiuto reciproco.

Nel convegno che si è svolto il 29 novembre, organizzato proprio da Unipol e di cui Cimbri ha parlato anche nell’intervista di oggi, si è parlato di sanità, diritto alla salute, integrazione pubblico/privato, e si è ribadita l’importanza di investire sulla White Economy, un settore in crescita che potrebbe essere un volano per l’economia italiana. Tutte cose molto belle, giuste. Il welfare sta cambiando, è vero. Sta cambiando la popolazione italiana, c’è la grande sfida dell’Italia che invecchia sempre di più. L’integrazione pubblico/privato è il futuro: l’importanza della sanità integrativa cresce di giorno in giorno. Ma mi fa sorridere il modo in cui in tutti questi convegni, tanto sbandierati dai media, non solo quelli di settore, “omettano” di citare il mondo delle società di Mutuo Soccorso. quella sì, che è mutualità.

A meno che…mi sorge un dubbio…forse quando le assicurazioni parlano di mutualità, si riferiscono alla mutualità spuria, a quello che è un compromesso tra la mutualità pura e il mercato? È un concetto differente, in cui il mutualismo si interseca con l’attività commerciale. Un’altra storia.

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